La classe degli asini: più che un film una lezione di storia (di Anffas) che non va dimenticata

Perché parlare di questo film? Perché è tratto da una storia vera, che aiuta a cogliere il senso dell’agire Anffas e a capire l’impatto che ha, e che può avere, grazie all’impegno dei suoi associati, sul territorio nazionale.
Il film la “La classe degli asini” è un film del 2016 diretto da Andrea Porporati, in cui si racconta un cambiamento epocale nell’Istituzione scolastica italiana.
Il film ritrae i tanti piccoli, ma fondamentali, passi che hanno portato a un cambiamento nel pensiero dei nostri attori e in seguito, della società tutta.
Infatti questo cambiamento ideativo si è poi, pin piano, riversato nel cambiamento del sistema scolastico italiano, di cui è stata protagonista Mirella Antonione Casale, una insegnante, preside, attivista, nonché socia della sede di Anffas Torino sin dal 1964 ( di cui è stata nominata Presidente nel 1967), e di un insegnante con un taglio anticonvenzionale per gli standard educativi dell’epoca, Felice Giuliano (quest’ultimo è un personaggio inventato, che però aiuta la narrazione della storia realmente accaduta, prestandosi come personificazione delle tensioni morali contrastanti dell’epoca).
Tutto inizia grazie a Riccardo, un bambino “troppo indisciplinato e problematico” rispetto ai bambini “normali”, che non riuscendosi ad adeguare alle regole della scuola, viene da prima richiamato più volte, e poi espulso e mandato in una scuola di sole classi differenziali. I due insegnati si scontreranno a lungo su questa decisione presa “per il bene del bambino” e questa sarà l’occasione propizia per riflettere sull’intero sistema educativo dell’epoca.
Da una parte la professoressa Mirella, che vede in questa scelta, inizialmente, il giusto correttivo affinché nell’anno scolastico successivo il piccolo Riccardo sappia adeguarsi al contesto scolastico; dall’altro il professore Felice, che conoscendo già la realtà di quel tipo di istituto, sa bene che questa misura non è affatto a beneficio del bambino, e che ritiene che su quest’ultimo vi sia stata una errata valutazione fatta attraverso strumenti standard inadeguati per la specifica situazione di vita del piccolo Riccardo, unito ad un profondo pregiudizio.
La rivoluzione parte proprio dalle considerazioni di questi due insegnanti, dai modi di fare e di pensare così diversi e apparentemente lontani: Mirella, una insegnante fiduciosa e rispettosa delle regole e dell’etica lavorativa dell’epoca, e Felice, un insegnante dai metodi anticovenzionali e creativi, più attento al senso che alla forma delle cose, e più vigile nel vedere i limiti e le barriere che una determinata concezione della realtà, dettata dalla cultura dell’epoca, può imporre in maniera disfunzionale su delle situazioni poco “standardizzabili”.
I due insegnati, quindi, si trovano a scontrarsi a causa delle visioni differenti su come è meglio “aiutare” il piccolo Riccardo, per poi incontrarsi, avvicinando il proprio sentire l’uno a quello dell’altro.
Entrambi, da questo scontro/incontro, impareranno due fondamentali lezioni (anche per i maestri “non si finisce mai di imparare”): Felice nel suo voler rivoluzionare tutto e subito, non sopportando lo status quo, ha dovuto imparare sulla sua pelle che il cambiamento può avvenire solo da dentro, e che non è abbandonando la scuola pubblica, ritenuta ingiusta, che si potrà cambiarla.
Mirella, a sua volta, ha imparato che non esiste un solo modo di fare una cosa, e che non sempre le regole già costituite sono la via giusta da seguire per arrivare ad un obiettivo e che, quindi, bisogna sempre tener vigile il nostro senso critico, per non procedere in maniera miope, cercando sempre di tenere a mente il senso e il fine delle nostre azioni educative, non solo in maniera generale, ma anche considerando i particolari bisogni che ha il bambino a cui queste azioni sono rivolte.
Ma perché è importante questa storia anche per gli studenti con disabilità?
Mirella non era solo un insegnante, era anche la madre premurosa e amorevole della piccola Flavia, una bambina con disabilità. Da madre attenta quale era si era rivolta ai migliori specialisti in ambito medico ed educativo per fare sì che Flavia avesse tutti gli aiuti più idonei per la sua situazione. Purtroppo però questi consigli erano calibrati su una concezione della disabilità medicalizzata e patologizzante che non prevedeva possibilità di miglioramento e crescita personale per la piccola Flavia.
Anche Flavia era una alunna di una classe differenziale, sebbene migliore di altre. Tuttavia quando le condizioni di Flavia subiscono un temporaneo peggioramento, ella viene bollata come non più adatta alla scolarizzazione. È qui che parte una nuova crepa nella fede, fino ad allora considerata incrollabile, di Mirella nel sistema educativo.
La fortuna di Mirella, ma soprattuto della piccola Flavia, sarà il confronto con altri genitori che la fanno conoscere Anffas e la sua vision sulla disabilità. Questo incontro sarà fondamentale perché unitamente al confronto con il professor Felice, porterà Mirella a dubitare e riconsiderare cose che fino a quel momento per lei erano punti di riferimento imprescindibili e assoluti.
È grazie alla storia personale e lavorativa di Mirella Casale che la storia di Anffas si intreccia con la storia della rivoluzione scolastica a livello nazionale ed istituzionale.
L’incontro di Anffas e dei suoi valori, durante questo percorso personale di crisi valoriale permetterà a Mirella di ricredersi e capire che non è tutto oro quello che luccica, e che sua figlia può molte cose che il suo medico aveva bollato come impensabili e impossibili.
Il dubbio spingerà Mirella alla ricerca di conferme e nuove domande e a confrontarsi nuovamente con quel professore così “libertino” (non dimentichiamoci che siamo nel periodo delle rivoluzioni/ manifestazioni del Sessantotto).
La ricerca di risposte porterà Mirella e Felice a una cruda realtà: quella degli istituti per le classi differenziali, che più che istituti educativi si mostrano essere degli istituti punitivi quasi carcerari, dove agli studenti venivano inflitte anche punizioni corporali per sedare la loro vivacità e insubordinazione.
L’impatto agghiacciante con questa realtà porterà Mirella, con il sostegno di Anffas, ormai divenuta Preside, a includere nella sua scuola i bambini con disabilità e “più problematici” nelle classi normali.
Questo modello verrà poi adottato da tante altre scuole, gradualmente, su tutto il territorio nazionale e la sua diffusione permetterà, nel 1977, all’abolizione del sistema di Classi differenziali.