I 10 NON-diritti di Anffas Palermo

Dove iniziano e finiscono i nostri diritti? Dove sta il confine tra diritto personale e dovere verso il prossimo? Questi interrogativi hanno guidato Anffas Palermo nell’ideazione della rubrica dal titolo “Cosa non è diritto”.

Per 7 settimane abbiamo ragionato sui diritti di ognuno di noi, pensando a quelli più scontati e, proprio per questo, meno riconosciuti; poi è stato il momento di capire, tutti insieme, cosa pensiamo sia diritto senza che lo sia realmente e che esigiamo come tale, bloccando l’esigibilità dei veri diritti.

A volte ciò che non è diritto deve diventarlo, a volte dobbiamo farci ispirare dalle lotte del passato per combattere con più forza di prima; altre volte dobbiamo accettare che alcuni non diritti devono restare tali, che non dobbiamo lottare per essi ma bensì dobbiamo lottare per non far nascondere nessuno dietro a un dito. Giustificarsi è il primo non diritto che deve restare tale, perché ogni nostra giustificazione lede il diritto di un altro: ci giustifichiamo per i ritardi non permettendo all’altro di mantenere la sua puntualità, ci giustifichiamo per fondi assenti non permettendo all’altro di avere quanto gli spetta, ci giustifichiamo per espressioni che feriscono pretendendo che l’altro ci scusi e metta da parte il proprio disappunto…

Proprio per far chiarezza su cosa è diritto e cosa no, Anffas Palermo ha aperto e chiuso questa rubrica e, per dovere di sintesi, ecco presente una rassegna.

#1 GIUSTIFICARSI: Capitano delle situazioni in cui un problema viene definito irrisolvibile perché “le cose vanno così”: una giustificazione sterile, inaccettabile nel rispetto del nostro interlocutore. La cooperazione passa dall’incontro con l’altro, da una comprensione dei reciproci bisogni e necessità e dalla volontà di lavorare insieme alla risoluzione di un problema, interesse che deve essere di entrambe le parti.

Se vogliamo avere cura dei nostri rapporti, dobbiamo prestare attenzione a quelle che, sbagliando, riteniamo piccolezze, poiché le “giustificazioni”, per quanto sembrino ragionevoli e sensate, non sono legittime e, anzi, ci deresponsabilizzano nei confronti dell’altro ma anche di noi stessi, perché giustificando a priori le nostre mancanze ci priviamo della possibilità di migliorarci.

Tutto questo diventa ancora più grave se a fornire giustificazioni sono le istituzioni, che, anziché cercare di andare incontro alle necessità dei propri cittadini, si nascondono dietro le mille scuse trite e ritrite, come se l’esigibilità dei diritti dei cittadini sia una cosa a loro estranea, una lotta personale, e non un’esigenza per migliorare e creare le condizioni affinché tutti possano vivere bene.

#2 PROCRASTINARE: Quante volte abbiamo fatto come un bradipo? Quante volte abbiamo procrastinato perché “tanto avevo tempo”? Abbiamo mai riflettuto su quanto incida questo comportamento sugli altri? La procrastinazione può essere un sollievo per chi rimanda ma, spesso, magari inconsciamente, è anche un qualcosa che può danneggiare l’altro, un modo per dimostrare che quanto richiesto non si vuole fare o per non farlo affatto, magari accampando poi la scusa di non avere più abbastanza tempo. Facciamo la differenza adesso e non poi, perché “mai rimandare a domani ciò che puoi fare oggi”.

#3 LAMENTARSI: Se dicessimo che non ci lamentiamo mai non sarebbe credibile, tuttavia ad ogni cosa c’è un limite e c’è un momento in cui lo sfogare le nostre avventure, degne della saga di Fantozzi, diventa uno sterile piagnisteo fine a se stesso, che rischia di deresponsabilizzarci. Quante cose cambierebbero se, invece di lamentarci perché il mondo non gira nel verso in cui vogliamo, ci prendessimo la briga di agire per cambiare quello che non ci va?

#4 GIUDICARE: Ogni giorno, diciamo tutti che giudicare è sbagliato ma diamo costantemente giudizi, nascondendoci dietro la scusa della libertà di pensiero e di espressione: ci esprimiamo sull’agire e sui modi di fare di tutti, ci sentiamo in diritto di dire cosa dovrebbe fare qualcuno e arriviamo perfino a valutare quando, magari, non si sta facendo altro se non esprimere se stesse. Usciamo dalla logica che possiamo giudicare gli altri e riconosciamo che gli altri hanno, invece, il diritto di essere se stessi.

#5 CURTIGGHIARE: Tutti, in fondo siamo curiosi. Fin da piccoli ci insegnano l'importanza della curiosità, "perché è così che scoprirai il mondo". Quando, però, la tua curiosità diventa curtigghio? Quando diventiamo troppo curiosi, mettendo l'altro a disagio con domande scomode o, semplicemente, con troppe domande? A volte è necessario ricordarsi che gli altri possono avere una sensibilità diversa dalla nostra e capire che c'è un equilibrio delicato tra la curiosità e il curtigghio: curtigghiare non è diritto.

#6 ESCLUDERE: Tutti vogliamo proteggere i nostri cari, ma ci siamo mai soffermati a riflettere sul confine tra protezione ed esclusione? Tacere una verità, tenere qualcuno lontano da un'attività che riteniamo pericolosa...a volte, tutto questo può farci sentire esclusi e farci più male di quella verità o di quell'esperienza.

Quando proteggere diventa escludere, rischiamo di dare un dispiacere e una sofferenza maggiori di quelli che avremmo voluto evitare.

#7 INDIFFERENZA: Talvolta siamo costretti a ignorare ciò che ci capita: una mosca che ci ronza imperterrita attorno, un commento molesto per strada, una battuta di troppo...ci insegnano a "lasciar correre" e questo è un bene. Quando, però, questo "lasciar correre" impedisce l'espressione dei bisogni da parte di qualcuno? Quando ciò che “lasciamo correre” è proprio l’altro? Ignorare un fastidio è un diritto, essere indifferenti verso un bisogno altrui no.

#8 SUPERFICIALITÀ: Il mondo di oggi è frenetico, così frenetico che talvolta non ci lascia tempo nemmeno per pensare. Eppure, questo comporta che troppo spesso, pur di fare tutto, svolgiamo i nostri compiti con troppa fretta. Correndo in auto si perdono paesaggi bellissimi e, correndo nel fare, si perdono pezzi importanti e si diventa superficiali. Ricordiamoci il nostro diritto alla lentezza e che "la fretta è cattiva consigliera", perché la superficialità non è diritto.

#9 DERESPONSABILIZZARE: La crescita e lo sviluppo personale passano anche attraverso il concedere ai nostri cari la responsabilità delle proprie azioni, anche se il "cuore di mamma/papà" ci fa temere che questi possano sbagliare. Concedere la possibilità di decidere -un piccolo passo alla volta, quando ragionevolmente possibile- non significa abbandonarli e non pensare alle conseguenze, ma dare ai nostri cari fiducia e sostegno, credere che sappiano prendere da soli quelle decisioni che, invece, tendiamo a prendere al posto loro. Questo permette di crescere, responsabilizzarsi su azioni, scelte e sentirsi parte attiva del proprio progetto di vita, nonché rendere esigibile il loro diritto ad autodeterminarsi.

#10 INFANTILIZZARE: Infantiilizzare l'altro, trattarlo come se fosse ancora un bambino, un ragazzo, una persona molto più "immatura" anagraficamente di quanto invece non lo sia.  Quante volte ci siamo sentiti visti trattati come bambini, nella nostra vita? Quante volte, una parola sbagliata o un comportamento protettivo di troppo ci hanno fatto sentire piccoli? Siamo mai andati a fondo sull'origine di quel fastidio? Forse, ci ha fatto sentire piccoli come bambini o non rispettati o, ancora, ci ha trasmesso il senso di tutti quei comportamenti che ci hanno relegato a ruoli che non ci piacciono e che non ci hanno fatto scegliere.

Impariamo a non pensare l’egoismo, l’individualismo e l’indifferenza come forme di autoaffermazione e a vederle per ciò che sono: forme di prevaricazione sull’altro che impediscono di vedere soddisfatti i propri diritti e che, inevitabilmente, a ruota, ci tornano indietro come blocchi per la nostra vera autodeterminazione. Diritti e non diritti devono convivere in un equilibrio fin troppo fragile, che permetta a tutti di avere quanto dovuto senza togliere all’altro; la speranza di questa rubrica è aiutare tutti noi a imparare a distinguere tra diritti e non diritti e a trovare questo equilibrio tanto difficile quanto fondamentale per il vivere insieme e per il bene comune.